L’eterno presente. Conversazione con Antonio Ria
Edizioni
Prima edizione: Einaudi («Gli struzzi»), Torino 1998.
Titolo
Viviamo immersi nel tempo, ma il tempo non è soltanto quello degli orologi. […] In un certo senso chi è artista vive sempre nel presente. C’è un eterno presente nel quale noi ritroviamo il nostro passato, le nostre passioni, le sofferenze passate, superate. Poiché questo viene rivissuto, diventa presente.
Lalla Romano
Argomento
Dalle trascrizioni di alcune interviste preparate per una trasmissione televisiva, nascono i brevi capitoli che riportano le esperienze, le riflessioni, le rievocazioni di una lunga vita feconda, ricca di conversazioni con gli intellettuali più significativi del panorama italiano. Antonio Ria, collaboratore e compagno della scrittrice, è l’autore dell’intervista a Lalla Romano sui grandi temi della vecchiaia, del dolore, ma anche dell’infanzia, dell’amicizia, dell’amore. Lei risponde senza reticenze, rievoca gli incontri con gli amici di una vita, Pavese, Montale, Bacchelli, Giulio Einaudi, Natalia Ginzburg, Elsa Morante e tanti altri, e riflette sull’intreccio fra vita e scrittura che ha caratterizzato tutta la sua produzione letteraria.
Incipit
Introduzione
Mi sembra giusto chiamare presente il passato, perché quando lo rievochiamo ha già la nostra impronta e non è più del tutto estraneo. Non ci assale, ma risponde.
Sono tuttora attiva, e non solo per rievocare, anche se per me la memoria coincide con l’invenzione. Se per chiunque la vita è più ricca di quanto si riesca a ricordare, per me quasi non conta, o non dovrebbe contare, la lontananza nel tempo.
Accompagnandomi ormai da anni nel mio lavoro e nella mia esistenza, Antonio Ria è – in un certo senso – un testimone. Ma della più gran parte della mia lunga vita non conosce che quanto è stato espresso nelle mie opere, o richiamato da esse.
Il senso della mia opera e insieme della mia esistenza è affidato qui a una serie di conversazioni intorno ai temi che sono quelli di ogni vita: ancora presenti proprio in quanto sempre problematici per una persona come me, affaticata dagli anni e da alcuni problemi di salute, però non meno vigile e direi appassionata.
Antologia della critica
Emerge il ritratto di una donna abituata a dire il vero di sé attraverso la scrittura, che parla, a chi le vive accanto, senza compromessi, con la sapienza e l’innocenza dell’esperienza che si confrontano con lo stimolo di domande precise, che scavano nell’interiorità.
anna grazia d’oria
«L’immaginazione», n. 142, novembre 1997, p. 7
L’eterno presente ha la forma «leggera» di una conversazione per temi e suggestioni. La suggestione del ricordo è affidata al fluire di un «ascolto» continuo della propria esistenza e degli incontri in cui essa è stata coinvolta, da Soldati a Levi alla Ginzburg alla Morante ad Einaudi.
Renato Minore
«Il Messaggero», 17 febbraio 1998
Nell’intervista con Antonio Ria, Lalla Romano sottolinea la pericolosità di una parola come verità, perché, afferma, «di solito per verità si intende qualcosa che corrisponde a quello che si cercava, un concetto». La sua è una verità interiore, ricostruita sul filo della memoria, figlia e madre delle Muse per lei, «figlia delle Muse, in quanto le opere lo sono. Ma è anche madre (Mnemosine), perché viene prima». […]
Vi è infatti in Lalla Romano una particolare e tutta unica concentrazione di vita e letteratura, di tensione etica alla scrittura come forma di conoscenza altissima al punto di divenire aristocratica eppur umile, semplice, piana addirittura, quasi una sorta di precipitato che in qualche modo l’ha protetta dalle alterne sorti della critica.
Una scrittrice ad assurgere a tali vette, e il pensiero va a Elsa Morante, Anna Maria Ortese, alla stessa Natalia Ginzburg, molto citata ma tutto sommato poco rivaluta.
Laura Fortini
«Il manifesto», 19 febbraio 1998
La poesia? È un po’ la libertà e un po’ un gioco di possibilità. Ma, per favore, non chiamatela comunicazione, perché è la prosa, e non la poesia, la lingua della comunicazione, delle parole ordinate pacatamente alla ricerca di un senso e non di un corto circuito.
Più o meno così si potrebbe sintetizzare tutta una poetica: quella della scrittrice Lalla Romano. […]
Non ha mai avuto dubbi su questo, la scrittrice Lalla, e, a volerla ascoltare, persino nelle scuole dovrebbe imperare l’assenza di spiegazione della poesia, lasciando intatto lo spazio della libertà interpretativa. In tutto L’eterno presente la conversazione oscilla intorno al pendolo di questa personale verità: che la poesia è linguaggio diretto, privo di intermediari o non è.
Silvia di Paola
«La Sicilia», 25 febbraio 1998
Artista consapevole del proprio valore, Lalla Romano ha scritto indipendentemente dal riconoscimento della critica, che le è arrivato pur se in tarda età, così come le sue opere, inizialmente apprezzate da un pubblico ristretto, hanno da sole trovato la strada del grande pubblico, che le ha lette e le legge con passione, decretandone un successo non effimero. Segno questo della qualità composita della sua scrittura, in cui si intrecciano strettamente l’amore per il linguaggio, il severo controllo stilistico, l’originalità del punto di vista che non ha aspettato il riconoscimento della critica per «dire le cose come sono».
Laura Fortini
«Noi Donne», LIII (1998), n. 3, p. 75
I «pensieri responsabili» di Lalla potrebbero costituire quella «carta di valori» che oggi si propone a destra e a manca purtroppo in modo del tutto strumentale e senza la minima sostanza, spesso, né culturale né umana. I pensieri di Lalla, che si mescolano alla sua memoria-attenzione, lei ci tiene a sottolinearlo, «memoria» e non «ricordi», che, dice, «sono solo pettegolezzi», ricevendo così conferma dalla lunga vita coerente della scrittrice, toccano tutti i temi che ci riguardano tutti (e tutte) e, in più, quelli che riguardano l’artista, l’intellettuale, che la Romano è. Non si ha che da scegliere, l’indice fornisce i titoli delle riflessioni e della memoria, questo è davvero un «livre de chevet», da tenere sul tavolino e tornarci e leggere e rileggere ciò che più preme in quel momento della propria vita.
Adele Cambria
«Liberazione», 4 marzo 1998