Mostra Permanente Spazio Lalla Romano - Demonte
Il progetto della Mostra permanente si articola nei due piani di Palazzo Borelli.
Attualmente la visita dello Spazio inizia al primo piano. Si tratta di cinque sale che raccolgono dipinti e disegni di Lalla Romano, la gigantografia del studio della sua casa milanese, documentata dalle fotografie di Alessandro Vicario, e le copertine di tutti suoi libri.
Nel progetto originario, la visita dovrebbe cominciare dal secondo piano, cioè dall’infanzia di Lalla Romano a Demonte, presentata attraverso vari documenti, oggetti personali, mobilio della casa paterna e soprattutto dalle fotografie del padre Roberto Romano in grandi riproduzioni dalle lastre originali. In esse è ricostruita la storia della famiglia e del paese. La realizzazione di questo secondo piano non è ancora ultimata; pertanto è visitabile solo il primo piano, di cui si presenta il percorso espositivo.
I perché della Mostra Permanente.
«La Mostra Permanente intende documentare un passaggio centrale – ombelicale – della vita di Lalla Romano. Ma non vuole essere raccolta di carte per gli studiosi, archivio e officina per la ricerca e lo studio delle opere (compito che spetta al costituendo Centro milanese che avrà sede a Brera, nella casa in cui Lalla Romano ha vissuto per anni). E piuttosto, invece, sottolineare il forte legame con i luoghi della memoria. Gli stessi che ha percorso Roberto Romano e che poi hanno ripercorso Antonio Ria e Alessandro Vicario, incontrandoli ognuno a modo loro, ma nel profondo rispetto di una poetica congeniale. Non tanto cercando corrispondenze reali (che pure esistono) ma percorrendo la più enigmatica strada delle affinità. Mai fotografie di taglio turistico, ma lo scorcio, il particolare, il dettaglio che isolano e che evocano. Uno spunto reale che tende all’astrazione, alla proiezione, all’alterità. Questo significa che la Mostra Permanente mira a due obiettivi primari: per un verso a documentare il legame di Lalla Romano con i luoghi più suoi, a partire dal suo esercizio della pittura e del disegno in età giovanile; per altro verso a sottolineare – come accade in ogni vera scrittura – che quei luoghi sono passati attraverso la trasfigurazione della scrittura, attraverso i libri che Lalla Romano ha scritto, attraverso le suggestioni che vanno dal luogo al Luogo, dal tempo al Tempo (vale a dire dal contingente all’Assoluto) in un andamento, che non può fermarsi all’aneddoto né finire in una cartolina» (Giovanni Tesio).
Sala 1: La pittura: i paesaggi.
In questa prima sala è esposta una serie di dipinti e disegni di Lalla Romano di paesaggi, dalle sue prime prove pittoriche ad opere della sua maturità artistica.
L’iniziazione alla pittura avviene attraverso il padre, il geometra Roberto Romano, amante della “modernità”, “dilettante” di fotografia, di musica, ma anche dell’arte. L’approfondimento, invece, riguarda gli anni dell’Università: prima nello studio di Giovanni Guarlotti, poi con la frequentazione di Nicola Galante, infine nella scuola di Felice Casorati. Molto della sua formazione è dovuto alle lezioni di Lionello Venturi e al primo viaggio a Parigi, di cui Lalla Romano parla ne La giovinezza inventata, tra musei pubblici («Le giornate le passavo al Louvre») e gallerie private (ad esempio, da Zborowsky), alla scoperta, tra gli altri, delle Bagnanti di Renoir, del Vaso blu di Cézanne, del Bacio di Picasso.
Vedi elenco opere pittoriche: paesaggi.
Sala 2: La pittura: i ritratti e le nature morte
La seconda sala presenta una raccolta di ritratti di familiari e amici. Così l’autrice ne parlava con Antonio Ria, in anni successivi, ne L’eterno presente:
«Ho notato che nei miei quadri i ritratti sono sempre somiglianti. Per esempio in Cézanne, che ha fatto monumentali e bellissimi quadri di figura, i ritratti non erano somiglianti, perché questo non aveva nessuna importanza. Il fatto di dare forma psicologica ai ritratti è un po’ uno scherzo: è anche vero, ma la gente non lo può capire. In questo senso erano già un po’ scrittura anche i miei quadri».
Per Lalla Romano «la natura morta è il banco di prova dell’onestà e della creatività di un artista. È il suo “clavicembalo ben temperato”».
Tutte le opere esposte sono di proprietà della Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e della Collezione Lalla Romano, Milano.
Sala 3: Riproduzione dello studio milanese.
La terza sala ricostruisce lo studio di Via Brera a Milano con ingrandimenti fotografici di Pio Tarantini, tale da creare un effetto molto suggestivo. Suun’altra parete un mosaico di immagini tratte dalla ricerca “Uno sguardo amoroso: Lalla Romano nelle fotografie di Antonio Ria”.
Lo studio-libreria di Lalla Romano rappresenta un po’ il cuore intellettuale della casa milanese di via Brera 17. Libri letti e da leggere, fascicoli sparsi, qualche quadro, qualche riproduzione, qualche oggetto, qualche indizio di presenza viva, le tracce di un interesse che ha sempre saputo coniugare intelletto e passione. Una maniera per sostare leggendo qualche pagina dei titoli pubblicati, per entrare dentro l’opera, ma anche dentro la fisionomia; per provarsi a penetrare nel segreto di un’esistenza, a cui le fotografie “a mosaico” di Antonio Ria – sottraendosi alla pura e semplice cronaca – restituiscono sfaccettature e suggestioni.
Sala 4: La casa milanese di Lalla Romano nelle fotografie di Alessandro Vicario.
Alessandro Vicario fotografa la casa milanese di Lalla Romano, andando alla ricerca di una traccia che ne evochi la presenza. Non un’operazione funebre, un po’ feticistica, ma la ricerca di un rapporto con la “durata”, il fascino di un’assenza che continua a parlare. Non un’operazione descrittiva e nemmeno un’operazione didascalica, ma invece un’operazione interpretativa: la ricerca di un’immagine che – nella sua diversità – corrisponda a un destino che si è compiuto. Niente verifiche aneddotiche, dunque. E nemmeno aridi censimenti. Ma correspondances.
Sala 5: Lalla Romano scrittrice.
In questa sala sono esposte le copertine di tutti i libri pubblicati di Lalla Romano, sessant’anni esatti di un percorso letterario che ha attraversato i fatti salienti della storia d’Italia (dalla seconda guerra al millennio del tutto fuggito), ma che è rimasto sempre fedele al proprio linguaggio. Così come è rimasta fedele al proprio linguaggio la voce che viene dalle interviste che il visitatore può qui ascoltare. A contare, solo e sempre la precedenza dell’essenziale: “Di quello che è stata la mia vita nel mondo resteranno pochissime tracce […]. Di quello che ho fatto vorrei che restasse quello che ho scritto”.